Abbiamo ritmi frenetici, siamo bombardati da immagini e da stimoli cognitivi ad ogni ora del giorno, e pariamo dominati, che più chi meno, dall’impulso a stare in collegamento con qualcuno o con qualcosa. Tutto ciò, tutto questo procedere velocemente, può influire sul nostro livello di ansia. Luigi Zoja, analista di spicco nel panorama italiano ed internazionale, scrive a tal proposito: “Le macchine, ad esempio, comprimono la spazio: possiamo muoverci tra due luoghi come se fossero vicini. Ma per me le macchine comprimono soprattutto il tempo. Non solo l’auto veloce, ma il forno a microonde o il computer, sono addensanti del tempo. Per questo, usandoli abbiamo spesso un affanno, come se stessimo correndo; o un’ansia, come se stessimo facendo troppe cose insieme, e sentissimo che qualcosa può sfuggirci.” (Zoja, 2009, pag. 552)
Questa compressione spaziale e temporale, portata a livelli estremi, sembra essere un elemento caratterizzante il disturbo d’ansia generalizzata. Mentre altri disagi psicologici legati all’ansia, quali le fobie, gli attacchi di panico, le ossessioni, sono legati ad una forma specifica di ansia, il disturbo d’ansia generalizzata è contrassegnato da un’ansia liberamente fluttuante che tende a dilagare, ad invadere, tutti gli spazi psichici e temporali di un individuo. L’ansia generalizzata si presenta, infatti, come una specie di nube oscura che plana sulla giornata: immediatamente si realizza un futuro temporale, che, seppur non ancora arrivato, già incombe. Detto in altro modo, l’ansia generalizzata “divora” il presente e il passato di una persona, per lasciare il passo ad un futuro che si immagina carico dei più cupi presagi.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il DSM IV, ha cercato di chiarire i criteri per poter distinguere tra questo disturbo e la normale preoccupazione: l’ansia deve essere avvertita e riconosciuta come eccessiva dalla persona che la prova; non deve essere controllabile; deve durare da almeno 6 mesi; e soprattutto deve colpire negativamente la qualità di vita di chi la sperimenta. In sostanza l’ansia deve essere così pervasiva da indurre la persona a concentrarsi perennemente su pensieri e su eventuali accadimenti futuri ansiogeni. Così, per esempio, una persona che soffre di ansia generalizzata può trovarsi in uno stato di cronica apprensione concernente il futuro finanziario, l’avvenire dei figli, la possibilità che qualche evento doloroso coinvolga i propri cari, e più in generale per i più svariati aspetti della vita. Per difendersi da tanto marasma, la persona è solitamente portata a voler controllare tutto, a voler essere perfetta, e via discorrendo. Ma questo modo di fronteggiare l’ansia generalizzata finisce spesso con il collassare.
A questo punto del discorso, viene spontaneo chiedersi: “Come si può aiutare una persona in una simile condizione?” Molti manuali di psicologia suggeriscono di soffermarsi sul presente. Consiglio di per se anche giusto, ma che la persona sofferente di ansia generalizzata non riesce minimamente a mettere in pratica, perché in un certo senso non è lei ad avere l’ansia, bensì l’ansia ad avere lei. In altre parole, l’individuo con ansia generalizzata vive in balia di un qualcosa di esterno (crisi economica, malattie, ect.), senza riuscire a fare appello ad un qualche nucleo interiore che faciliti nel trovare le necessarie risorse psichiche per fronteggiare le possibili avversità della vita. Un nucleo psichico sul quale poggiarsi, e che permetta di aprirsi al presente, senza dimenticare il proprio passato. Scrive Carl Gustav Jung in “Presente e Futuro”: “L’uomo ha bisogno della testimonianza della sua esperienza interna, trascendente, che sola può difenderlo dallo scivolare.” (Jung, 1957, pag. 113) Ma come possiamo fare ciò? Come possiamo basarci sulla nostra esperienza interna? Lo stesso Jung fornisce un ottimo spunto per muovere dei passi in tale direzione. Ne “L’Io e l’Inconscio” mostra come il rapporto tra coscienza e inconscio “non ha altro scopo che liberare il Sé”, ovvero quel Centro interiore che conferisce un certo spessore e una certa solidità al complesso della personalità (Jung, 1928, pag.174). In ambito terapeutico questo dialogo tra coscienza e inconscio, questo processo di incarnazione del Sé, avviene principalmente attraverso l’analisi dei sogni: un costante confronto con i messaggi provenienti dal mondo onirico permette infatti quel progressivo ampliamento dei propri punti di vista e delle proprie prospettive di cui tanto necessita la persona con ansia generalizzata.
In conclusione di quest’articolo, possiamo dire che in ultima istanza chi soffre di ansia generalizzata nutre un’amara sfiducia di fondo in se stessa e negli altri, che conduce dentro il baratro delle più disparate preoccupazioni. E se come suggerisce l’etimologia stessa della parola preoccupazioni, che implica sostanzialmente un occuparsi prima di qualcosa che ancora non c’è, compito del percorso psicoterapeutico sarà quello di uscire da questa pesante condizione apprendendo il passaggio dal preoccuparsi di altro all’occuparsi di sé.