Generalmente la separazione consensuale è un procedimento più snello, per costi e tempi, ma necessita, per essere conseguito, dell’accordo di entrambi i partners sulla volontà di separazione e di affidamento dei figli, qualora ve ne fossero. In presenza di questi fattori, il tribunale competente emette facilmente il decreto che omologa a tutti gli effetti la separazione. Chi intraprende la strada della separazione giudiziale, invece, non ha certezze sui tempi e sui costi poiché l’autorità giudiziaria deve sostanzialmente pronunciarsi su un insieme di questioni piuttosto spinose e delicate:
- chi dovrà essere ritenuto “responsabile”della separazione;
- chi rimarrà nella casa in cui ha abitato la famiglia;
- chi vivrà con i figli minorenni e quale sarà il regime di frequentazione con l’altro genitore non convivente;
- quanto erogare, e in che forma, a titolo di mantenimento dei figli minori o maggiorenni ma non autonomi economicamente;
- se e quanto erogare da parte di un coniuge quale mantenimento in favore dell’altro coniuge che risulti o privo di reddito, o avente un reddito non sufficiente a garantire la conservazione del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio;
- se sia applicabile o meno il regime di affidamento condiviso nel caso concreto, o se sussistano gli estremi per richiedere che venga deciso per un affido esclusivo o a terzi.
Da un punto di vista psicologico, ci occupiamo di separazioni per una ragione molto semplice: esse, come vedremo a breve, sono un fenomeno in costante aumento, e non ci si può esimere dal chiedersi se la modalità con in cui avviene la separazione influisca sul modo in cui figli vivono, elaborano, e digeriscono la rottura tra i genitori.
Gli ultimi dati Istat disponibili in materia ci informano sul fatto che negli ultimi 15 anni il numero di matrimoni è diminuito di circa il 20%: più esattamente si è passati dai 290.009 del 1995 a 230.613 del 2009. Contemporaneamente è aumentato il numero di separazioni, passate dalle 52.323 del 1995 alle 85.945 del 2009. In termini percentuali siamo passati dalle 158,8 del 1995 alle 296,9 del 2009, per ogni mille matrimoni.
Come dicevamo poc’anzi, vista la crescente diffusione del fenomeno, non possiamo non domandarci: “Che effetto ha la separazione dei genitori sui figli?”. Rispondiamo subito, dicendo chiaramente che la separazione in se non costituisce affatto necessariamente un danno psichico per i figli. Talvolta può anche rendere i ragazzi più maturi e consapevoli della complessità della vita e di una relazione, talvolta può servire a ristabilire serenità in casa. La psicologa Anna Oliverio Ferraris, una delle massime studiose italiane di infanzia, sostiene: “In molti casi, il divorzio/separazione dei genitori, è una scelta che, sebbene, non facile e spesso dolorosa, ha l’effetto di riportare la serenità nella vita di due coniugi infelici e di creare un clima familiare meno teso e più accettabile”. Detto in modo diverso, la separazione dei genitori non è per forza di cose un trauma da cui è difficile uscire. Tuttavia, il modo in cui essa avviene, può lasciare disagi psichiche durature nel tempo. E ciò sembra valere in particolare per le separazioni giudiziali. Proviamo a vederne il perché. La separazione consensuale, generalmente, si verifica quando i due membri della coppia hanno già maturato dentro di sé una “separazione psichica”, ben prima della separazione legale. E’ come se entrambi i partner avessero preso atto del fallimento della coppia e disinvestito psicologicamente sul partner. C’è ancora un legame affettivo, mutato però rispetto agli anni precedenti. In queste coppie la separazione appare come lo sbocco fisiologico di un qualcosa che non funziona più, e quindi il tutto accade pacificamente. I figli percepiscono e capiscono ciò, ovviamente ognuno con i suoi tempi e con la sua età, e non ne rimangono scioccati perché vedono, e questo è basilare per loro, che mantengono un legame solido con entrambi i genitori. In sostanza divengono consapevoli del fatto che si è divisa la coppia, non si sono separati loro da un genitore. Spesso, purtroppo, le cose non vanno casi con la separazione giudiziale. In queste coppie, uno dei due partner non ha accettato, per le più svariate ragioni psicologiche e sociali, l’idea di separarsi. Non c’è stata quella separazione psichica di cui parlavamo in precedenza. E’ presente invece rabbia, dolore, paura, solitudine, voglia di rivalsa per l’umiliazione che si sente di aver ricevuto, un sentirsi ingiustamente traditi e abbandonati. Tutti sentimenti e vissuti più che legittimi, che rischiano però di non essere elaborati psicologicamente, bensì agiti all’interno della separazione giudiziale. Così, la separazione giudiziale può diventare quel teatro dove “inscenare” tutto il proprio conflitto con il partner. Qualche esempio: l’ex marito che decide di non pagare gli alimenti per punire la ex moglie; l’ex moglie che nega anche gli spazi, stabiliti, dalla sentenza, in cui il padre potrebbe incontrare i figli; il genitore che “demonizza” e svaluta costantemente l’altro genitore; il genitore che chiede al figlio di “schierarsi” per lui. Questi sono esempi, e se volessimo potremmo certamente fornirne altri, ma ciò che ci interessasottolineare è chetutto ciò può far male ai figli. I ragazzi possono sentirsi secondari, non rispettati psicologicamente ed economicamente, manipolati, oggetto di richieste eccessive volte a coprire il vuoto lasciato dal partner, non più capaci di fidarsi degli altri.
Tutto ciò sarebbe meglio evitarlo. Un buon percorso psicologico può aiutare il genitore nel metabolizzare questa sua drammatica vicenda esistenziale: è come se dovesse riuscire a trasformare il sale dell’amarezza nel sale della saggezza, per riprendersi la propria vita e per facilitare quella dei figli.